Imparare a conoscere e sperimentare il Ki (o Qi) - 2a parte

Imparare a conoscere e sperimentare il Ki (o Qi) – 2a parte

Ogni praticante di Arti Marziali ha sognato, almeno una volta nella vita, di imparare a sferrare pugni e calci efficaci e imparabili, frutto di una energia sovrannaturale. Spesso questa ricerca (poco marziale) dell’estrema distruttività del colpo passa (solamente) attraverso l’allenamento fisico, il condizionamento, l’aumento della forza e della prestanza fisica.

Tale ricerca spasmodica, spesso, porta lontano dall’obiettivo. Quello che si ottiene è una finta sensazione di efficacia, labile e passeggera, che si esaurisce in fretta perchè è legata a un concetto molto “fisico” e materiale di forza.

Quella che si sviluppa non è la vera forza.

Qi e Arti Marziali

Quando si iniziano a studiare alcuni dei grandi artisti marziali del passato, si scopre che spesso erano uomini minuti, all’apparenza fragili, non di certo i lottatori nerboruti che ci si aspetterebbe leggendo delle loro gesta.
Dove o da cosa attingevano la loro forza Maestri come Jigoro Kano, Morihei Ueshiba o Gichin Funakoshi? Cosa li rendeva invincibili al punto che nessuno si sarebbe mai sognato di sfidarli? Come riuscivano ad essere efficaci combattenti anche in tarda età?

La vera risposta credo non ce l’abbia nessuno. Probabilmente la loro pratica andava oltre il semplice aspetto fisico, riuscendo così a fondere assieme corpo-mente-spirito e a utilizzare il Ki, l’energia interna, come motore delle loro agire sia sul piano fisico che su un piano più sottile. Ogni movimento, dal più semplice e quotidiano al più marziale era frutto di un processo energetico finalizzato in un gesto fisico, era un continuo scambio con l’ambiente e l’Universo che li circondava. È così che anche noi possiamo allenarci a sentire l’energia, mescolando assieme tecnica, meditazione, uso della corretta respirazione, percezione del fluire del Ki (o del Qi) in tutto ciò che facciamo.

Ancora una volta la ricetta è portare fuori dal Dojo l’Arte Marziale e la sua pratica, per renderla quotidiana. È così che la pratica marziale smette di essere semplice esercizio fisico e strumento di difesa e diventa filosofia marziale applicata alla vita e alle relazioni.

Basi di un lavoro marziale alla scoperta del Qi

Per imparare a lasciare fluire liberamente il Qi nell’azione marziale e nella vita di tutti i giorni è necessario esercitare le tre condizioni basilari per la pratica:

  • Fang Song (rilassato) – per realizzare la condizione di Fang Song è necessario rilasciare le tensioni e lo sforzo verso il basso: questo principio consiste nel portare il peso e l’energia verso la terra, in modo da permettere un miglior radicamento. Solo quando il corpo si svuota dalle tensioni può essere riempito di energia, la cui circolazione all’interno del sistema energetico induce il movimento del corpo
  • Rújīn (tranquillo) – si riferisce alla tranquillità e alla serenità interiore che il praticante deve mantenere in ogni momento
  • Zìrán (naturale) – la condizione di naturalezza è correlata all’arresto del dialogo interno. La mente è la causa principale che ci allontana dalla connessione con la natura, creando continuamente scenari e idealizzazioni (inesistenti) della realtà. Se la mente non è naturale, la persona è agganciata al passato o proiettata nel futuro e la mente è colma di giudizi e di pensieri incontrollati che allontanano dalla condizione di unione con il mondo naturale

Nello stesso tempo è fondamentale lavorare sui tre livelli di regolazione:

  • Tiao Shen (regolare il corpo) – prima di potersi concentrare su concetti più interni e sottili è necessario allineare il corpo
  • Tiao Xi (regolare il respiro) – significa adottare una respirazione naturale e rilassata, normalmente addominale come quella del neonato. La regolazione della respirazione permette di controllare l’emotività e di raggiungere uno stato di tranquillità interiore fondamentale per la buona pratica
  • Tiao Xin (regolare mente-cuore) fa riferimento alla creazione di uno stato di tranquillità e silenzio interiore, nel quale i pensieri e le emozioni non siano di disturbo alla pratica. Lo scopo è quello di raggiungere la calma della mente e del cuore, prerequisiti per far si che l’intenzione si manifesti

Una volta che abbiamo interiorizzato i principi possiamo iniziare il vero lavoro di pratica e di scoperta che ci porterà a sentire e a far fluire liberamente il Qi (o il Ki).

Kiko e Qi Gong

Gli artisti marziali usano spesso “coltivare” l’energia interna Ki (o Qi) attraverso la pratica di arti quali il Kiko giapponese o il Qi Gong cinese, i cui principi sopra descritti fanno riferimento. Queste pratiche hanno un triplice effetto: immagazzinare e aumentare la quantità di Ki all’interno del corpo per utilizzarlo nella pratica marziale, entrare in relazione con l’avversario e con l’universo circostante e migliorare lo stato generale di salute e di benessere del praticante.

O’Sensei Morihei Ueshiba diceva:

Nella pratica, quando il tuo avversario sferra un colpo, devi già essere in movimento. Dopo che l’hai visto muoversi, è già troppo tardi ed un falso movimento da parte tua è fuori luogo, perché il colpo del tuo avversario è quasi mortale. Muoversi simultaneamente con il colpo; si deve sentire l’intenzione dell’avversario. Ma, in realtà, non è questione di usare la mente, ci si deve muovere naturalmente, senza pensarci. Quando raggiungerai questo stato, riuscirai a muoverti simultaneamente con l’ordine.

Lasciando intendere cosa significhi divenire consapevoli del proprio Ki, percepire il Ki dell’avversario ed entrare in sintonia con ciò che ci circonda e con l’universo intero.

A tutti, buona pratica e buona scoperta!

Letture consigliate:

  • Il Ki e il senso del combattimento Copertina flessibile, Kenji Tokitsu e G. Caviglione [scopri di +]
  • Guarire con il qi. La via verso una nuova mente e un nuovo corpo, Toshihiko Yayama [scopri di +]
  • Ch’i. Scoprire l’energia vitale con il t’ai chi Copertina flessibile, Waysun Liao [scopri di +]