Nel Coaching la relazione è CON o PER?

Nel Coaching la relazione è CON o PER?

Partiamo dalla considerazione che chi lavora con le persone gode di una straordinaria opportunità, quella di vivere non una vita, bensì diecimila vite. Un pò come viaggiare consente di entrare in relazione con luoghi e culture differenti, assorbendole, così il relazionarsi con persone differenti consente di conoscere lavori, situazioni, emozioni, accadimenti che altrimenti non avremmo modo di sperimentare e che di riflesso arricchiscono anche noi.

Motivo questo per cui ritengo che essere Coach sia un lavoro CON la persona, più che PER il cliente.

Iniziamo così a introdurre quello che è il nucleo di questo articolo, ovvero la differenza tra “relazione CON” e “relazione PER”. A prima vista potremmo non notare grandi diversità, in realtà cambia molto, perché operare CON, modifica di fatto la sostanza della relazione stessa.

Relazioni di Amore e Relazioni di Potere

Se volessimo semplificare al massimo, potremmo dire che la natura delle relazioni umane è di due tipi: di amore e di potere. Le relazioni di amore coincidono con relazioni CON, quelle di potere sono relazioni PER.

Nel lavoro e molto spesso anche in famiglia o con gli amici le relazioni ci parlano di fare le cose PER, ovvero di rivolgerci alle persone nell’ottica del “cliente” dimenticando che abbiamo di fronte, prima di tutto, una persona.

Ecco che si lavora PER avere le ferie, si fa una vacanza PER recuperare le forze, si vede un amico/a PER divertirsi, si fa un favore a qualcuno PER avere in cambio qualcos’altro, ecc. PER significa combattere o agire in funzione di un fine o con lo scopo di difendere qualcosa. Inoltre, quando agiamo PER ci arrabbiamo o ci deprimiamo se non raggiungiamo l’obiettivo.

Allo stesso modo siamo convinti di dover meditare PER controllare l’ansia o PER stare meglio, senza capire che la meditazione è stare CON noi stessi, CON i nostri pensieri e CON le nostre emozioni accettandole. Il fine della pratica non è zittire o annientare una parte di noi bensì metterci in ascolto e in connessione con la nostra essenza.

Il ruolo delle Emozioni nel fare Esperienza

Le emozioni dunque non vanno soffocate, e questo vale sia per le emozioni che solitamente definiamo buone, sia per quelle che definiamo cattive, entrambe hanno il pregio di farci fare esperienza. Non dobbiamo cercare affannosamente il modo di dirigerci verso le prime e fuggire dalle seconde.

Utile invece prendersi del tempo per stare con le proprie emozioni, attraversarle e lasciarle andare. Un’emozione è anche uno stimolo che ci fa capire chi siamo noi, invece spesso pensiamo che sia un indizio per capire chi sono gli altri. Come detto le emozioni dello stare CON sono tutte (non come si potrebbe pensare solo quelle positive) perchè anche quelle che solitamente ci sembrano essere negative, nello stare CON assumono una funzione evolutiva e non passiva/punitiva.

Tornando al concetto di relazione, se pensiamo alle interazioni sociali che abbiamo con conoscenti, colleghi, partner, ecc, scopriamo che molto spesso sono relazioni PER. Perché allora stupirci se non stiamo bene al lavoro, se i rapporti di coppia fanno acqua e se le amicizie dopo un pò si sfaldano?

Il ruolo del Coach

Così un bravo Coach, che ha chiara la differenza discussa poc’anzi (o dovrebbe averla), opera per co-creare una relazione facilitante con il Coachee (ossia la persona che si rivolge a lui) che non abbia come scopo quello di perseguire un obiettivo bensì quello di stare con la persona. Il raggiungimento dell’obiettivo è responsabilità del Coachee, il Coach non si focalizza su quello e non si fa influenzare da quello, vedendolo come semplice conseguenza del lavoro di consapevolezza portato avanti al fianco del Coachee.

Se così non fosse il Coach sarebbe portato ad agire in prima persona per raggiungere tale obiettivo e quindi finirebbe per diventare impositivo, non permettendo al Coachee di passare attraverso una fase di responsabilizzazione, di consapevolezza delle sue capacità e potenzialità, di pianificazione e attuazione del suo personale piano d’azione.

In quest’ottica “stare con” non significa comandare, non significa suggerire, non significa prendere decisioni per conto terzi. Significa affiancare e assistere la persona nel suo percorso di cambiamento.

Ecco che un Coach è accogliente, ossia è di privo di giudizio nei suoi confronti e nei confronti della persona che a lui si rivolge. Ha un rapporto sereno e consapevole con il tempo e si allena a sviluppare costantemente la sua capacità empatica e di ascolto.

Affidarsi a un Coach per un Percorso di Coaching?

Non avere timore quindi di rivolgerti a un Coach (serio*) perché si tratta di un professionista che ha a cuore prima di tutto il tuo benessere, che non opera allo scopo di raggiungere forzatamente un risultato o una performance ma si impegna affinché tu possa auto-maturare nella consapevolezza e trovare le soluzioni più adatte a te per realizzare il tuo Cambiamento.

*Come si fa a capire se il professionista è serio? Ovviamente la conoscenza di persona o quella telefonica possono dare degli indizi ma, per essere più tranquilli, è consigliabile verificare prima che il Coach abbia un regolare diploma rilasciato da una scuola riconosciuta da una associazione nazionale come, ad esempio, AICPAssociazione Italiana Coach Professionisti oppure ICF ItaliaInternational Coach Federation. Questo non è certo una garanzia ma lo obbliga, come minimo ad aver superato una formazione seria, a rispettare un codice etico e quelle che sono le linee guide della professione (chi volesse approfondire può leggersi la Norma UNI 11601:2015 e la successiva Legge n.4/2013).