Ciò che abbiamo e che siamo ci rende davvero felici?

Ciò che abbiamo e che siamo ci rende davvero felici?

In queste settimane, rinchiusi per la maggior parte del tempo, riusciamo a starcene fermi e pensare? Non è che anche ora che siamo a casa non riusciamo a fermarci perché se ci fermiamo siamo costretti a stare nel silenzio?

Nel silenzio finiamo per ascoltarci a un livello di profondità maggiore, un livello tale da darci lo spazio di pensare e capire che ciò che abbiamo creato, il mondo che abbiamo contribuito a costruire non sono poi un granché. Se siamo davvero felici e stiamo bene.

Perché in questo momento di stop forzato (che in qualche modo potremmo aver creato noi per darci un’ultima, estrema, possibilità) non ne approfittiamo per ascoltarci e chiederci se davvero ciò che avevamo (abbiamo) ci rende felici e cosa potremmo fare altrimenti per esserlo veramente?

Un’altra domanda che potremmo farci è: “Questa società è proprio quella che voglio?“.

Perché se non è così, possiamo smettere di lamentarci e delegare agli altri ciò che non abbiamo voglia di fare, raccontandoci la scusa che non è il nostro compito, che ci sono persone predisposte a ciò, ecc. Smettere di crearci inutili alibi e chiederci piuttosto: “Cosa voglio cambiare, concretamente?“, “Quando inizio questo cambiamento?“, “Cosa mi farà dire che le azioni intraprese stanno andando nella giusta direzione?“, ecc.

Volenti o nolenti siamo noi i soli responsabili di ciò che è accaduto, accade e accadrà in futuro. Quindi prendiamoci del tempo per buttare giù il nostro “progettino” e facciamolo partendo da domande chiave quali: “Cosa sono qui a fare?“, “Cosa voglio veramente?“.