Affrontare le Resistenze alla Mobilità attraverso il Coaching

Affrontare le Resistenze alla Mobilità attraverso il Coaching

Parlando di resistenze alla mobilità non si può non chiamare in causa Timothy Gallwey, padre del Coaching, che ci ricorda come: L’avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete“. Pensiero che possiamo ritrovare all’interno del libro “The Inter Game of Tennis“.

Cosa ci aiuta a ricordare questa frase? Che spesso siamo noi che ci autolimitiamo, ci boicottiamo, ci giudichiamo, ci rendiamo difficile procedere lungo la strada che vorremmo percorrere.

Sempre Gallwey, ha definito la cosiddetta “formula della prestazione”, ovvero:

P (prestazione) = p (potenziale) – i (interferenza)

Il concetto di prestazione è abbastanza chiaro a tutti ma ne diamo comunque una possibile definizione: “Risultato conseguito in rapporto alle capacità oppure, comportamento di un atleta o di una squadra in una competizione“.

Per potenziale si intende invece quell’aspetto, quella caratteristica fisica, quell’insieme di valori, quei tratti del carattere o della personalità umana che, utilizzati consapevolmente, gli permettono di progredire verso il raggiungimento dei propri obiettivi.

Infine la “i” della formula di Gallwey, l’interferenza, chiama in causa proprio le cosiddette “resistenze alla mobilità” che possiamo riassumere in tre categorie:

  • Convinzioni limitanti
  • Blocchi logico-sequenziali
  • Interferenze emotive

Compito del Coaching è aiutare il Coachee a ridurre le sue resistenze alla mobilità ovvero la componente legata alle interferenze (“i”) e, nello stesso tempo, aumentare la consapevolezza nei confronti del potenziale personale (“p”). Così facendo il Coach aiuta il proprio Coachee a massimizzare la sua prestazione (“P”), indipendentemente dallo specifico campo di applicazione: personale, sportivo o lavorativo.